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I ricercatori della Michigan State University hanno pubblicato un’interessante ricerca che riguarda la biodiversità, nella prospettiva delle importazioni tra paesi ad alto reddito e a basso reddito. I risultati dello studio rivelano uno scenario molto complesso, il cui funzionamento porta a degli esiti affatto scontati.
I due studiosi del Center for Systems Integration and Sustainability (CSIS) hanno esaminato gli attuali equilibri, che finiscono inevitabilmente per danneggiare i paesi a basso reddito tramite un meccanismo in qualche modo paradossale: i paesi ad alto reddito importano cibo, eppure al contempo anche i paesi a basso reddito sono sempre più importatori netti. In questo modo la biodiversità e le specificità delle singole aree si impoveriscono in modo consistente. Lo studio propone, alla luce della crescente complessità del commercio alimentare globale, una migliore organizzazione delle interazioni, con l’obiettivo di migliorarne l’impatto e preservare le risorse naturali. “Comprendere a fondo il rapporto tra sicurezza alimentare e biodiversità è essenziale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU – ha affermato il direttore del CSIS Jianguo Liu e coautore dello studio. Il nostro lavoro rappresenta un tentativo di proporre una soluzione per raggiungere la sicurezza alimentare globale e nutrire le popolazioni in crescita, senza però sacrificare la biodiversità”. I paesi che stanno crescendo in ricchezza e popolazione stanno aumentando la loro richiesta di cibo, ricorrendo all’importazione. Di conseguenza le economie che si basano sull’export sono chiamate a riconvertire il loro territorio in pascoli o fattorie, danneggiando la biodiversità. Nel concreto lo studio propone uno scambio più fitto, non tra paesi più o meno ricchi, ma tra paesi non dotati di un hotspot di biodiversità e quelli che ne possiedono uno. Questo criterio per le esportazioni potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente l’impatto negativo di questo sistema commerciale. Per fare questo, sono stati esaminati 189 prodotti alimentari in 157 paesi nel periodo 2000-2018. Un altro suggerimento utile dei ricercatori è di contrattare prezzi che includano i cosiddetti costi per la biodiversità, che diventerebbero guadagni da utilizzare per mitigare i danni alla biodiversità. Il presupposto di ciò è una forte cooperazione tra paesi.
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